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Come si fa a capire quali sono i bisogni di un neonato?Il linguaggio segreto dei neonati spiegato da una pediatra

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Come si fa a capire quali sono i bisogni di un neonato?Ecco il linguaggio segreto dei neonati spiegato da una pediatra italiana dell’Associazione culturale pediatri.

Di Angela Bisceglia per nostrofiglio.it :

Il linguaggio segreto dei neonati: è il titolo di uno dei libri sulla genitorialità che più ha conquistato i genitori italiani. Scritto dalla puericultrice inglese Tracy Hogg, spiega il metodo ‘infallibile’ E.A.S.Y. , acronimo di Eat (mangia) Activity (attività), Sleep (ninna), You (tu).

Quattro parole che, secondo l’autrice, racchiudono la routine quotidiana della gestione del bambino e contengono in sé il ‘segreto’ per capire i neonati, farne dei bambini felici e vivere con serenità uno dei momenti più impegnativi ma più belli della vita.

Nostrofiglio.it ha chiesto una lettura critica a Maria Luisa Tortorella, pediatra responsabile del “Nido” all’Ospedale Amico del Bambino di San Vito al Tagliamento (PN) e una delle coordinatrici del gruppo di studio disturbi del sonno dell’ACP (Associazione Culturale Pediatri), evidenziando punti positivi e negativi del metodo. Ecco che cosa ne è emerso.

Il neonato è una piccola persona … degna di rispetto

La Hogg evidenzia che, quando il bambino è piccolo, ci si rivolge a lui “come se non fosse lì o non potesse capirci, mentre invece sin dal momento in cui viene alla luce è un essere umano, con sentimenti, bisogni e temperamento ben precisi. E per questo sin da piccolissimo merita rispetto”.

“Quello di porre il bambino al centro della nostra attenzione è senz’altro un pregio del libro ‘Il linguaggio segreto dei neonati’ – commenta Maria Luisa Tortorella – l’autrice ripete spesso di chiamare il neonato per nome fin dal primo incontro con lui (e, se possibile, anche quando è ancora in utero), e di pensare a lui come ad un individuo dotato di personalità – quale è realmente – e dunque degno del nostro massimo rispetto”.

Ad esempio suggerisce di parlare al bambino e spiegargli di volta in volta quel che stiamo facendo: anche se non capisce il senso delle nostre parole, è perfettamente in grado di percepire la differenza tra chi ha una voce rasserenante e chi ha un atteggiamento di comando.

Il bambino deve essere ascoltato … è un essere speciale

Dovremmo come genitori (o care-giver di neonati in generale) ‘rallentare il nostro tempo per adeguarlo al suo’

“Altro punto meritevole di apprezzamento è l’attenzione all’ascolto” prosegue la pediatra:” ogni neonato è una persona speciale ed ha il suo temperamento e le sue preferenze; i genitori (e chiunque si prende cura di lui) ha il dovere di utilizzare buona parte del proprio tempo a guardare ed ascoltare il piccolo per conoscerlo meglio, magari rintracciando le sue ‘abitudini’ o ritmi della giornata (o le sue irregolarità, a volte) e le sue reazioni ai cambiamenti ed alla routine.

Per questo, dice bene la Hogg, dovremmo come genitori (o care-giver di neonati in generale) ‘rallentare il nostro tempo per adeguarlo al suo’, utilizzando questa possibilità che ci è stata data in dono per smorzare i nostri ritmi frenetici e scoprire la bellezza del ‘dialogo’ con questo esserino che, per quanto piccolo, ha già tante cose da comunicare”.

Una volta riconosciuti i suoi bisogni, è importante cercare di soddisfarli. Dice la [banner]Hogg: “I bambini i cui genitori cercano di riconoscerne e rispettarne i bisogni crescono sicuri e paradossalmente necessitano di minor attenzione, inoltre imparano a giocare in autonomia più velocemente di quelli che vengono lasciati piangere; non a caso, se la mamma soddisfa i bisogni del bebè, nota che è più facile farlo addormentare, altrimenti comincia a piangere e ci vuole più tempo per calmarlo”.

Il bambino è reale … non quello che avete sognato per nove mesi!

Fa notare la Hogg che i genitori di oggi sono abituati ad avere il controllo della propria vita e l’arrivo di un bambino li scombussola, pertanto si vorrebbe far di tutto per ‘allinearlo’ sulle nostre abitudini il più presto possibile.

La Hogg invita invece ad essere realistici, a cercare di capire il bambino reale che hanno di fronte e non quello che hanno sognato per nove mesi, senza crearsi aspettative irreali, tenendo presente che il periodo del post partum è difficile per tutti.

E così consiglia di riposarsi quando il piccolo dorme, farsi aiutare, non pensare continuamente a quel che si ha da fare. “Volete che tutto sia perfetto: beh, raramente lo è, quindi non prendetevela con voi stesse” consiglia Tracy Hogg. Un punto di vista che anche la pediatra Tortorella condivide.

Ogni bambino però è un essere unico. Non va incasellato

La Hogg suddivide i neonati in cinque tipologie fondamentali: a suo dire, c’è il tipo angelico, il tipo da manuale, il sensibile, il vivace e lo scontroso. Secondo l’autrice, il primo passo per capire come comportarsi con il proprio bambino è individuare a quale categoria appartiene.

È vero che la scrittrice riconosce che il temperamento è solo un’influenza e che l’educazione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo umano, tuttavia “il tentativo di ‘categorizzare’ i neonati in cinque classi, seppure con l’intento di facilitare la conoscenza genitori-figli, rischia di incentivare l’’incasellamento’ del bambino, che se malauguratamente nella sua vita dovesse voler ‘cambiare categoria,’ manderebbe in crisi tutto il sistema!

Inoltre fomenta la mania delle mamme di fare paragoni tra i propri figli, oppure tra essi e i figli degli altri, con il risultato di concludere che l’erba del vicino è sempre più verde e che solo perché il proprio pargolo si discosta dalle categorie deve avere qualche problema (da curare)” è il commento della pediatra Tortorella.

La routine per il bambino è importante … ma senza esagerare!

Secondo la Hogg, seguire una routine dà sicurezza ai bambini, che sin da piccolissimi si sentono confortati dalle situazioni prevedibili. Per questo bisogna creare un ambiente sicuro e coerente, stabilendo un ritmo al quale il bambino possa adattarsi senza fatica. A questo scopo, nel corso della giornata è bene seguire, sempre nello stesso ordine, l’alternarsi di quattro momenti, sintetizzabili dall’acronimo E.A.S.Y., che sta per Eat (mangia) Activity (attività), Sleep (nanna), You (tu): un ciclo della durata di circa tre ore.

Ecco allora che c’è una prima fase in cui il bambino si alimenta, al seno o al biberon, seguita da una fase in cui svolge un’attività, che nei più piccoli può essere semplicemente lo stare nella sdraietta, sul fasciatoio, nella sua culla a far versetti o guardarsi le manine, insomma ‘fare’ qualcosa; la fase successiva è il sonno, che nei piccoli è necessario più volte al giorno, ed infine arriva il momento per la mamma di dedicarsi a se stessa, come pausa fondamentale di recupero delle energie dal punto di vista sia fisico che emotivo.

“Lo schema di routine proposto dalla Hogg, oltre ad essere piuttosto rigido (specie nei tempi, cui l’autrice tiene particolarmente), dovrebbe essere più ‘negoziabile’ per quanto riguarda l’ordine dei fatti” sottolinea Maria Luisa Tortorella: “non a tutti i neonati interessa mangiare appena svegli, anzi a volte il momento del risveglio (se non accompagnato dal pianto ‘da fame’) è il migliore per le interazioni e la scoperta del mondo, per i giochi con le manine e l’ascolto di parole e canzoncine; moltissimi neonati, poi, si addormentano subito dopo la poppata e quindi la routine diventa ‘A.E.S.Y.’. L’importante è sempre capire chi abbiamo di fronte ed adattarci alle sue esigenze, almeno nella misura in cui la vita di famiglia lo consenta.

L’allattamento al seno: no agli schemi troppo rigidi

“Una critica di rilievo è necessaria nei confronti dell’atteggiamento dell’autrice verso l’allattamento al seno” puntualizza la nostra esperta: “le sue affermazioni sono in palese e dichiarato contrasto con le evidenze scientifiche e le conseguenti linee-guida mondiali dell’Oms e dell’Unicef.

Ad esempio la Hogg afferma che “nessun bambino normale ha bisogno di mangiare ogni ora” e che le regole vanno rispettate sin dal primo giorno di vita, facendosi beffe delle ormai trentennali conoscenze sull’avvio dell’allattamento al seno. Stila tabelle con la durata delle poppate nei primi giorni di vita talmente assurde da fare inorridire chiunque abbia un minimo di conoscenze in merito (invitando però, qualche pagina dopo, a non guardare l’orologio mentre si allatta!).

In più riprese la Hogg mette su pari livello l’allattamento al seno con quello artificiale, riducendone la scelta a un una mera opzione ‘di convenienza’; esprime chiaramente il suo dissenso sull’allattamento ‘a richiesta’ e racconta che, nel suo caso, ‘l’idea di allattare al seno la gettava nel terrore!’.

“Ritengo davvero riprovevole che si insegni ex-cathedra qualunque cosa senza basi scientifiche e sulla scia di un’esperienza personale, per quanto emotivamente d’impatto – dice la pediatra -. Il libro poi è davvero costellato di inesattezze sull’allattamento al seno.

Ci sono diversi esempi di inesattezze, dice la pediatra. Ecco i più macroscopici. La Hogg dice che “un neonato deve bere 1,2 litri di latte al giorno, ma è davvero eccessivo! Inoltre afferma che il bimbo è meglio rimpinzarlo con un biberon durante il sonno serale così non si sveglia per tutta la notte il sonno dipende solo dallo stomaco pieno? E dov’è finita l’attenzione ai segnali di fame? La Hogg afferma infatti, coerentemente, che il metodo migliore per distinguere se il bambino ha fame è guardare l’ora dell’ultimo pasto!; dice poi che se ha l’ittero deve bere latte artificiale (in realtà in una minoranza specifica di casi individuati dal pediatra, e per solo 24 ore!).

E ancora: l’eccesso di ossitocina rientrerebbe tra i problemi di allattamento e può generare addirittura esantemi in caso di allergia (scientificamente inesistente!).

Una inesattezza pericolosa anche a proposito dell’allattamento artificiale: si afferma che il latte in formula “non ha bisogno di essere scaldato” senza ulteriori specifiche. Sappiamo benissimo che i latti in polvere non sono sterili e che, per evitare pericolose infezioni, devono essere ricostituiti necessariamente con acqua ad alte temperature. Per non parlare della genesi delle ‘coliche del lattante’, dove emergono altre stranezze fantasiose, come le correlazioni tra certi movimenti della lingua e la presenza inequivocabile di ‘aria nella pancia’!”

“Per sua espressa dichiarazione, l’autrice Tracy Hogg non ha pretese scientifiche, ma semplicemente racconta la sua esperienza e il ‘metodo’ che ha messo su per dare un ordine alla giornata dei neonati. E’ questo già un punto di partenza sbagliato, a mio avviso – osserva la pediatra Tortorella – perché se un libro deve avere un intento divulgativo è eticamente imperativo che si accertino le fonti di quello che si dice; in tempi (ormai consolidati) di conoscenza in tutti i campi

La nanna del neonato, no ai comportamenti standard

Veniamo ad un punto clou, a proposito del quale davvero i genitori sono sempre in cerca di una ‘ricetta magica’ che faccia addormentare i loro bambini e tenerli buoni buoni tutta la notte.

La Hogg sostiene che il suo metodo è a metà strada tra due scuole di pensiero estreme dilaganti in materia, cioè da una parte il metodo del ‘co-sleeping’ o metodo Sears (dal nome del dott. William Sears che ha ideato la teoria), ossia del sonno tutti insieme nel lettone; dall’altro l’approccio della ‘risposta ritardata’ o metodo Ferberizing (dal nome del pediatra Richard Ferber) secondo il quale i genitori devono mettere il bambino nella culla quando è ancora sveglio per insegnargli ad addormentarsi da solo e, quando piange, lasciarlo piangere per periodi sempre più lunghi.

Il metodo della Hogg invece prevede che i bambini sin da piccoli debbano addormentarsi da soli nella propria culla, anche se non bisogna far mancare loro il nostro conforto quando sono in difficoltà.

“Anche se non palesemente ammesso, in alcune parti del suo metodo la Hogg ricalca lo stile di Estivill e dell’estinzione graduale” commenta Maria Luisa Tortorella: “a dispetto della dichiarata attenzione alle esigenze del neonato, infatti, impone dei comportamenti e dei tempi ‘standard’ a tutti, regole venute ‘dall’alto’ che il piccolo si vede costretto a rispettare e non sa perché. Non può saperlo, a quell’età e fino ai tre anni circa, perché non ha la struttura mentale adeguata a comprendere le motivazioni e le intenzioni degli altri!”.

Appunto per la dichiarata non-scientificità delle sue affermazioni, la Hogg incorre in evidenti falsità ‘ideologiche’: affermazioni tipo ‘tutti i bambini a 12 settimane riescono a dormire per tutta la notte’ sono assolutamente in contrasto con gli studi sulla fisiologia del sonno infantile, che dimostrano invece (al di là di una normalissima variabilità individuale di tempi e ritmi) una costante che è dettata dai ritmi di nutrizione-alimentazione: alla nascita, il bambino si sveglia ogni tre-quattro ore per la poppata, verso l’anno di età fa 2-3 sonnellini al giorno ed in media altrettanti risvegli la notte, in un continuum graduale (e non ‘a scalini’) compatibile con il suo sviluppo neuropsichico. Per non parlare infine del suggerimento di indossare le cuffie e ascoltare musica per non sentire il pianto del neonato, davvero non meritevole di commento…”

Non c’è uno stile di vita (e di nanna) universalmente valido

“Un appunto che sorge spontaneo è il riferimento alle norme culturali e allo stile di vita americano come se fossero universali e validi per tutti – fa notare ancora la pediatra – Ad esempio si impone di impedire ai neonati di addormentarsi dopo le poppate (cosa assolutamente contro natura!) perché, chiede la Hogg ai lettori: “A voi capita di voler dormire subito dopo ogni pasto?”

Sinceramente a me sì, ed è peraltro scientificamente documentato il meccanismo fisiologico della sonnolenza post-prandiale! Ma poi siamo sicuri che tutti i neonati del mondo aspirino a diventare a poche settimane un perfetto adulto americano? Sappiamo invece che nei paesi ‘caldi’, compresa l’Italia meridionale, la ‘pennichella’ è la norma.

Inoltre perché mai un neonato deve essere costretto ad addormentarsi da solo e nel suo lettino? Anche questa è una delle possibilità culturali ma non l’unica e soprattutto non la necessità assoluta per qualsiasi neonato!”

La Hogg cita come unici metodi di autorilassamento possibili a tre anni “succhiarsi il pollice o abbracciare il peluche”: “non contempla proprio la possibilità che un cucciolo di tre anni si addormenti sereno in braccio a mamma o papà, utilizzando così l’essere umano a lui più caro (e non un oggetto surrogato) per autoregolare i propri stati di eccitazione. Infatti suggerisce, quando capiamo che il messaggio proveniente dal neonato è ‘voglio le coccole’, che non è necessario prenderlo in braccio!!!,” dice la pediatra.

I ‘vizi’ dei bambini: un concetto da superare.

“Un altro strano concetto che emerge dalla lettura del libro è che il nostro pargolo una volta che prende un ‘vizio’ non se lo toglierà mai più – continua la pediatra – per esempio se impara ad addormentarsi in braccio lo farà anche quando peserà 10 chili. Se in parte può essere vero che ai bimbi piace ‘mantenere le abitudini,’ è anche vero che ogni fase dell’infanzia cambia, si evolve, e il nostro piccolo si trasformerà sotto i nostri occhi giorno per giorno, imparando, crescendo, maturando. E così noi con lui. Nulla è statico nell’infanzia, nulla è dato per scontato. E non è pensabile sperare che le regole durino in eterno o siano le stesse valide per tutti i periodi della vita”.

W la competenza innata di mamma e papà!

“Un altro aspetto che suscita una reazione di ‘fastidio’ in chi legge è l’accuratezza quasi maniacale nel descrivere ogni singolo fotogramma dei tempi e dei movimenti che vanno compiuti quando si maneggia un neonato” puntualizza ancora Tortorella: “persino quante dita bisogna usare per prendere l’asciugamano dopo il bagnetto! E cosa succede se il mio bambino ha voglia di giocare per 40 minuti o 50 anziché i fatidici 45?

Oltre ad essere una palese dimostrazione dell’atteggiamento ‘paternalistico’ con cui è scritto il libro (in varie riprese la Hogg si è descritta come un supereroe che corre a casa della gente in difficoltà e risolve tutto come Superman abbracciava in volo la ragazza caduta giù dal cornicione!), e che sicuramente – nonostante i buoni propositi – non contribuisce all’empowerment dei neo-genitori, genera sinceramente in loro la sensazione di avere le capacità intellettive e le competenze di un bimbo dell’asilo (con tutto il rispetto). Insomma, accanto alle buone intenzioni con frasi davvero d’effetto, tipo “Ognuno di noi avrà delle lezioni da imparare nella vita; in questo caso il maestro è lui (nostro figlio),” ne pone altre che smontano tutto il castello : “E’ solo un bambino, non sa ancora cosa è bene per lui!.

La conclusione della pediatra italiana

Il libro ‘Il linguaggio segreto dei neonati’ “da alcuni punti di vista è interessante, ma soprattutto per gli addetti ai lavori, per ampliare loro cultura generale sulle opinioni di puericultura del ventunesimo secolo; non lo consiglierei invece ai neo-genitori, a meno che non dispongano di un ‘esperto’ che li guidi nella lettura con occhio critico” conclude la pediatra Tortorella.

Di Angela Bisceglia

Fonte:  nostrofiglio.it :

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