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Il Natale di un povero clochard

il Natale di un povero clochard

In questo periodo sosto spesso nei paraggi di bancarelle, carretti e strabilianti furgoni adibiti ad improvvisati fornelli o vere e proprie cucine da strada.

A volte preparo i cartoni per la notte senza neanche finire il giro delle ultime luci fumanti, là in fondo alla strada. E’ una vera pacchia il Natale. Per le strade si trova di tutto, caldarroste, zeppole, crocché, pizzette, crepes ecc. Gli odori son forti e tutti quei fumi svaniscono con rapide traiettorie nei vicoli laterali, rincorsi da gelide folate di vento.

Tante volte mi fermo più per il freddo pungente che per la fame. Inconsapevolmente mi capita di saltellare sull’asfalto, ora su un piede ora sull’altro, per riprendere la normale circolazione sanguigna. Tutti noi sappiamo che questi improvvisati venditori, appena un gradino sopra di noi, in questi giorni sono più cordiali e gentili. Ci fanno riscaldare e talvolta ci danno anche qualche frittella calda da mangiare, dipende dalle vendite.

Abbiamo imparato a non avvicinarci quando ci sono famiglie o troppi bambini, lo facciamo in momenti di pausa o a fine serata per non imbarazzare nessuno e per non far perdere alcun cliente al nostro benefattore. Aspettiamo a debita distanza, persi in pensieri che non abbiamo, cercando di cogliere il benevolo sguardo di pass da parte del gestore. Poi ci precipitiamo verso la fonte di quella immensa luce, verso quel magnetico calore fumante simile a tanti piccoli fantasmi appena liberati. Per prima cosa, allunghiamo le mani. No, non per afferrare quel ben di dio, ma per scaldare quelle dita quasi violacee che fuoriescono dai vecchi guanti tagliati a metà.

Tratto da: raccontioltre.it

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