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Ecco quando le buste dei supermercati non vanno pagate

buste dei supermercati 2

Quasi tutti i supermercati ci fanno pagare le loro buste dai 4 ai 10 centesimi di euro l’una. Ecco quando non è giusto pagarle.

Da qualche anno tutti i supermercati della grande distribuzione organizzata sono stati obbligati ad adeguare le proprie borse della spesa e renderle di materiale compostabile in modo da poter essere riciclate e gettate nei secchi della raccolta differenziata dell’umido.
Avrete sicuramente notato che tutti siamo costretti a pagare tali buste, che vengono inserite negli scontrini con una cifra che si aggira intorno ai 3, 4 o addirittura 5 o 10 centesimi, per dei sacchetti che il più delle volte sono sponsorizzati perchè recano il logo del supermercato sulla facciata.

Se fossero sacchetti anonimi, forse sarebbe anche giusto pagarli, ma è corretto far pagare per un sacchetto che comunque è sponsorizzato e funge da vettore pubblicitario? Per assurdo sarebbe più giusto il contrario, ovvero che fosse il supermercato a pagare il cliente affinchè porti in giro il sacchetto con il logo, portando ovvia pubblicità.

Siamo davanti ad un vero e proprio paradosso, dove il cliente si ritrova costretto a pagare una cosa per la quale dovrebbe lui essere pagato. Ma è possibile rifiutarsi di pagare la busta della spesa? Analizziamo ancora la situazione.

Come detto, vista la quantità di buste della spesa che vengono fatte circolare, il supermercato si ritrova una quantità di pubblicità davvero notevole e dovrebbe ritenersi soddisfatto dell’investimento, e non richiedere addirittura un pagamento supplementare, come analizzato da alcuni esperti della società ADICO. Inoltre i supermercati sono già ampiamente ripagati del costo del sacchetto dal ricarico che effettuano sui vari prodotti, che nonostante le varie offerte è sempre notevole per i supermercati della grande distribuzione organizzata.

Secondo gli esperti che hanno analizzato il fenomeno, i supermercati arrivano ad un arricchimento indebito che potrebbe portare anche ad un infrangimento dell’articolo 2041 del Codice Civile che impone a chi si arricchisce in maniera indebita ai danni di un’altra persona è obbligato a indennizzare il danneggiato della “correlativa diminuzione patrimoniale”.

Sarebbe quindi possibile per il consumatore rivolgersi al Tribunale per la questione delle borse della spesa e far fare un accertamento sull’indebito arricchimento dello stesso, e si potrebbe tranquillamente ottenere una condanna del supermercato che porterebbe alla dovuta restituzione di quanto non dovuto, con in più il pagamento totale delle spese legali.

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Tuttavia il problema in Italia è sempre lo stesso: a causa della lentezza dei processi, soprattutto civili, è possibile che il rapporto tra i costi sostenuti e i benefici non sia fruttuoso. Spieghiamo meglio: il consumatore dovrebbe sostenere delle pesanti spese legali per recuperare pochi centesimi di euro, spese che in caso di vittoria della causa potrebbero essere restituite, ma che vista la situazione italiana potrebbero rientrare solo dopo diversi anni, vista anche l’atteggiamento costante degli avvocati difensori di questi grandi marchi che tendono sempre a allungare i tempi processuali per cercare di scoraggiare gli utenti che fanno causa.

Il presidente della società ADICO, Carlo Garofolini, invita quindi a valutare bene prima di intentare una causa contro i grossi supermercati e di cercare di aggirare il problema delle borse della spesa a pagamento portando delle borse da casa, di quelle riutilizzabili ed anche più resistenti.

Fonte: newslavoro.com

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